Restauro
I restauri eseguiti sono davvero tanti, quindi anche il materiale da caricare è cospicuo! Nelle prossime settimane ci saranno nuovi contenuti. Un motivo in più per tornare a visitare il sito!
Quando iniziamo un restauro dovremmo avere in mente le motivazioni dell’intervento.
Ogni collezionista, o pseudo-tale, ha un proprio modo di conservare le macchine per scrivere. Alcuni le preferiscono restaurate e funzionanti, come uscite dalla fabbrica. Un po’ com e avviene per le autovetture d’epoca. Ciò presuppone dunque la capacità di restaurarla o la necessità di rivolgersi a persone esperte. Altri invece preferiscono conservarle così come le hanno trovate, magari non funzionanti, puntando sul così detto “fascino dell’usato”.
Io amo ricordare che un’opera d’arte ha un tempo in cui è nata, un tempo in cui è vissuta e un tempo in cui è giunta a noi, e che tutti questi periodi della sua esistenza sono ugualmente importanti e degni di essere rispettati, considerati attentamente e messi in evidenza. Il che vale per un’automobile come per le opere di Leonardo Da Vinci o Michelangelo, così come per una macchina per scrivere, in quanto frutto del genio umano. Ritengo infatti che non si debba restaurare una macchina che si presenta conservata in condizioni di normale usura, e che sia invece necessario porre un limite al restauro. Se infatti è innegabile la bellezza dell’oggetto perfettamente conservato proprio perché mai adoperato, è necessario che la nostra cultura ci porti ad apprezzare anche l’oggetto che mostra i segni del tempo. Per definire un limite oserei dire che l’usura della vernice non è un difetto sino a che non inizia a scrostarsi; che un punto di ruggine non è un male, mentre lo è una ruggine estesa; che le nichelature opache e consunte sono normali fino a che non scompaiono completamente; che il gioco nei meccanismi non pregiudica la vita della macchina sino al momento in cui si blocca.
Sostengo la tesi del restauro totale quando la macchina non è nelle migliori condizioni. La cosiddetta “patina del tempo”, se costituita da ossido e ruggine presenti in maniera marcata, non può essere spacciata per nulla di positivo. Nel corso degli anni ho conosciuto molti sostenitori di tale concezione, ma sono convinto che molti di questi detrattori del restauro siano poi più propensi a inserire una macchina restaurata e funzionante nella loro collezione qualora se ne offra loro la possibilità. Pertanto credo di poter affermare che la maggior parte di costoro asserisce di preferire la patina del tempo per il semplice motivo che non sa restaurare, che non conosce un bravo restauratore o perché non vuole investire ulteriore denaro nella sistemazione delle proprie macchine. Altri ancora le comprano per avere una macchina o un numero di matricola particolare, senza curarsi dell’aspetto esteriore o funzionale della macchina per scrivere. Magari la acquistano rotta o tenuta insieme con la colla, il fil di ferro, il nastro isolante. Una breve parentesi: nelle macchine antiche le uniche parti tenute con la colla erano alcuni poggia-martelletti a riposo o, nelle Olivetti portatili, ad esempio, i feltri anti rumore.
Ho visto macchine con colla messa ovunque per tenere insieme i pezzi, invece di ripararli professionalmente.
Comunque sia, suggerisco alcuni punti utili per affrontare un restauro:
• Una volta iniziato lo smontaggio della macchina siate consapevoli delle conseguenze a volte irreversibili in cui la macchina incorre. E non lo dico tanto per dire o per spaventare.
• Armatevi di grande pazienza.
• Siate precisi, non ragionate con un “più o meno va bene così”, ricercate la perfezione.
• È sempre meglio, almeno all’inizio, esordire su macchine “cavie”, più semplici. Il modo migliore per acquisire familiarità con le tecniche di restauro è farlo con macchine comuni che garantiscono sicuramente, in caso di insuccesso, meno costi e meno sofferenze rispetto a macchine rare a cui teniamo. Anzitutto occorre attrezzarsi.
• Serve un tavolo abbastanza grande, poiché avremo bisogno di un posto ampio per sistemare tutte le parti che smontiamo. Meglio ancora se sopra di esso appoggiamo un panno bianco o chiaro, in quanto il tessuto ci verrà in aiuto quando cadrà una vite o un dado, permettendo di catturarla subito senza battere su un appoggio rigido e rimbalzare chissà in quale anfratto nascosto, facendoci perdere la pazienza in vane ed estenuanti ricerche;
• è necessario procurarsi dei contenitori per la miriade di viti, bulloni, sfere e altre parti estremamente piccole che non dobbiamo assolutamente perdere.
• bisogna essere consapevoli che si diventerà azionisti della Svitol o similari: se ne usano tonnellate solo per allentare una vite;
• conviene avere a disposizione una macchina fotografica per immortalare via via le diverse fasi di smontaggio;
• occorre munirsi di un set di cacciaviti di alta qualità, di tutte le misure e lunghezze, e poi affilarne le punte per renderle ancora più sottili. Molte viti sono fatte su misura e usare cacciaviti spessi può rovinare le asole causando brutte sbavature. Materiali di qualità eviteranno rotture o ferite alle mani;
• bisogna procurarsi un elettromagnete per rendere il cacciavite magnetico, in modo da recuperare le viti cadute;
• è indispensabile avere un set di pinze e attrezzi per la piccola minuteria;
• si aggiunga della carta vetrata di diverse grammature, per rimuovere la ruggine e per rendere lisce le superfici;
• occorre un tornio per rettificare i rulli e rifare viti con filettatrici in passo metrico e pollici;
• occorre una spazzola rotativa con la pasta abrasiva di diverse granulometrie per rendere lucido il nichel;
• è opportuno utilizzare sempre gli occhialini protettivi nell’utilizzo di attrezzi elettrici a rotazione.
Nei casi sopra citati non uso chiavi o cacciaviti “moderni”, ma set di attrezzi di fine Ottocento e inizio secolo costruiti dalle case produttrici di mps appositamente per i vari modelli. Questo facilita il compito, ma è necessario usarli con estrema cautela per non rovinare nulla. E se poi manca qualcosa… be’, lo si costruisce.
Può sembrare bizzarro, ma ho realizzato molti dei miei attrezzi personalmente, perché ormai irreperibili.
Per rendere il tutto splendente, e logicamente funzionante, occorre smontare tutti i componenti e, come affermava il mio maestro, “averli in mano”. Solo così si può pulire accuratamente ogni singolo pezzo e lucidarlo a dovere. Per rimuovere la ruggine bisogna usare un metodo delicato. Inizialmente si interviene con una paglietta di lana d’acciaio finissima, facendo attenzione a non far finire la limatura nei meccanismi della macchina. Poi carta vetrata, prima più grossolana e poi superfine. Si può anche usare un utensile rotativo con vari accessori, ma io consiglio, anche se più lungo, l’uso manuale dalla carta vetrata. Non uso nessuna spazzola in ferro che possa rigare la superficie in metallo. Non faccio lavori di rinichelatura o ricromatura, in quanto il nichel originale ha spesso un altro colore rispetto al nuovo, e soprattutto perché tali interventi alzano di qualche frazione di millimetro la superficie, impedendo il corretto funzionamento dei meccanismi. Inoltre, se la superficie non viene ben levigata, la rinichelatura mette ancora più in evidenza i buchi e le imperfezioni provocati dalla ruggine. Quindi lucido lo strato esistente o tolgo la parte arrugginita o distaccata, la riporto assolutamente in piano e lucido il tutto.
Quando iniziate ricordate di non sforzare mai troppo una vite e assicuratevi di avere i cacciaviti che si adattino perfettamente all’asola. Mi è capitato molto spesso, nel corso degli anni, di modificare i cacciaviti perché si adattassero meglio a ogni vite di ogni tipologia di macchina. Ricordate di usare lo sbloccante nelle situazioni più delicate, magari lasciandolo agire un’intera notte: se si rompe una vite sono guai seri. In tal caso, o se ne ha una uguale, il che è quasi impossibile avendo la maggior parte di esse passo americano, oppure la si deve rifare con il tornio e con tanta pazienza, talvolta allargando anche il foro della vite con il trapano a colonna. Quindi, tra le due alternative, meglio lo sbloccante.
Non forzate mai una vite per farla entrare in un foro se non siete sicuri che sia il suo, perché rovinereste il filetto.
Possono essere molti i lavori e le decisioni che si presentano in corso d’opera, come l’esigenza di rettificare o sostituire un rullo secco o screpolato con gomma nuova che permetta di ottenere una scrittura perfetta, sostituire i piedini in gomma con altri dello stesso tipo, riverniciare le parti di carrozzeria dove manca il colore, sostituire le decalcomanie ormai non più visibili o rovinate, rifare parti mancanti, e altro ancora.
Sicuramente le difficoltà aumentano con macchine antiche, di fine Ottocento e primi del Novecento, rispetto a quelle più moderne. Altre raccomandazioni importanti: ogni macchina è dotata di un certo numero di molle. Alcune sono visibili, altre meno. Quando ne togliamo una occorre studiarne accuratamente il sistema di ancoraggio. Mi è capitato più volte, all’inizio del mio tirocinio, che durante lo smontaggio di un pezzo una molla alloggiata al suo interno schizzasse via come un tappo di spumante. Vi assicuro che, oltre a cercarla in chissà quale angolo, maledirete il giorno che avete smontato il pezzo perché non saprete più come metterla.
Sulla Olivetti M1, ad esempio, c’è da divertirsi con molte molle. Sono davvero tante e per gestirle esiste uno strumento che si chiama aggancia-molle. Per togliere lo strato di olio misto a polvere accumulato negli anni e compattato con grasso, inchiostro, sudore, fumo di sigaretta – mi sono capitati persino zucchero e sostanze alimentari fatte cadere dal dattilografo mentre scriveva –, si usa una miscela di petrolio o detergente. Molti utilizzano prodotti a base di acidi che inizialmente rendono la macchina pulita, ma dato il loro alto potere corrosivo e aggressivo tolgono la patina protettiva lasciando la superficie attaccabile dalla ruggine o facilmente riossidabile.
Fate comunque sempre attenzione a non passare alcun prodotto sopra le decalcomanie, che rischierebbero di cancellarsi. In questo caso si possono rifare le decalcomanie ad acqua – nel mio archivio ne ho a centinaia – ma si possono trovare anche su Internet, non sempre tuttavia di qualità.
Una volta che la macchina è restaurata dovrà essere posizionata su una scrivania, su un mobile, o in qualunque altro luogo definito per l’esposizione. La soluzione ottimale sarebbe quella di coprirla con una teca in vetro, meglio ancora in plexiglass, oppure in una vetrinetta, per impedire alla polvere di depositarsi.
Per la pulizia normale è opportuno non utilizzare mai prodotti o acqua, ma semplicemente un panno asciutto o un piumino cattura polvere. Cosi facendo la vostra macchina restaurata rimarrà pulita e lucida. Per i prossimi cento anni.